Matrix, Pluribus, e il paradosso dell’autenticità narrativa
Nel 2003 andai a vedere Matrix Reloaded e Revolutions al cinema. A distanza di sei mesi l’uno dall’altro, come vuole la cronaca [1]. Me li ricordo bene: i rave interminabili di Zion, Neo che volava con effetti CGI troppo evidenti, la filosofia densa fino all’indigestione. Uscii dal cinema pensando che fossero “bruttini” — dignitosi, certo, ma non all’altezza del primo. La critica era d’accordo: Revolutions chiuse con un misero 33% su Rotten Tomatoes [2].
Vent’anni dopo guardo Pluribus — la nuova serie di Vince Gilligan su Apple TV+ — e realizzo qualcosa di spiazzante. Quei sequel difettosi, gonfi, a tratti goffi, avevano più onestà intellettuale di questa produzione raffinatissima. E il motivo sta tutto in una frase nei titoli di coda: “Questa serie è stata realizzata da esseri umani” (This show was made by humans) [3].
È la pistola fumante. Il momento in cui Gilligan mostra le carte.
Il Pluralismo Imperfetto di Matrix
Qui serve precisione. Matrix Reloaded e Revolutions hanno difetti oggettivi: ritmo, eccesso filosofico, sequenze che si trascinano. Ma avevano una qualità rara: pluralismo prospettico autentico.
L’Agente Smith aveva ragione. Il suo monologo a Morpheus — quello dove spiega che gli umani non sono mammiferi ma virus [4] — non è propaganda malvagia. È un’osservazione ecologica inconfutabile: “Ogni mammifero su questo pianeta sviluppa istintivamente un equilibrio naturale con l’ambiente circostante, ma voi umani no. Vi spostate in un’area e vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non viene consumata.”
I Wachowski ti lasciano quella verità lì, sospesa. Non la smentiscono. Smith è il villain, ma il suo argomento regge. Anzi, nella trilogia completa scopri che le macchine offrirono pace agli umani e furono rifiutate, che la guerra finì con Neo che negozia coesistenza, non vittoria. Il finale è ambiguo per design.
E poi c’è Cypher. Il traditore, il Giuda della storia. Scena della bistecca con Smith: “Lo so che questa bistecca non esiste. So che quando la metto in bocca, la Matrice sta dicendo al mio cervello che è succosa e deliziosa. Dopo nove anni, sai cosa ho capito? L’ignoranza è beatitudine” (Ignorance is bliss) [5].
La narrazione non ti dice che Cypher ha torto. Ti mostra Neo che sceglie diversamente, ma lascia aperta la domanda filosofica: è davvero meglio una verità miserabile che un’illusione fenomenologicamente identica? La vita reale sulla Nabucodonosor fa schifo oggettivamente: pappa di farina d’avena, stracci, cunicoli bui. La Matrice offre comfort, significato, piacere.
Matrix aveva il coraggio di non rispondere.
Il Monologismo Raffinato di Pluribus
Pluribus è tecnicamente impeccabile. Gilligan ha pedigree (Breaking Bad, Better Call Saul), Rhea Seehorn è bravissima, la fotografia è da manuale. Ma la struttura narrativa è chiusa.
Carol — la protagonista — è oggettivamente antipatica. Come nota Pajiba, “ama sentirsi male” ed è fondamentalmente infelice per scelta. Eppure la narrazione la protegge con un meccanismo semplice: è l’unico punto di vista con soggettività. Il collettivo post-virus — la “mente alveare” che ha assorbito miliardi di persone — rimane sempre fuori, alieno, inquietante.
Non c’è l’equivalente del monologo di Smith. Zosia e gli altri membri del collettivo possono solo ripetere che vogliono “aiutare” Carol, che sta “perdendo qualcosa di bellissimo” — ma non c’è mai un momento in cui il collettivo presenta un argomento davvero persuasivo. Dove il collettivo dice: “Guarda l’umanità prima: guerre, solitudine, depressione di massa. Noi abbiamo risolto tutto. Hai perso l’individualità, ma hai guadagnato connessione totale, conoscenza condivisa, fine della sofferenza”?
Non esiste. Il collettivo è costruito per essere distopico a priori.
E non c’è nemmeno un equivalente di Cypher. C’è Kusimayu, uno degli immuni dal Perù, che “vuole unirsi alla mente alveare” — ma è un personaggio marginale, non un vero contraltare filosofico. Nessuno dalla parte di Carol dice: “Forse ha torto. Forse dovremmo unirci volontariamente.”
La struttura è da assedio: Carol barricata dentro, il collettivo che preme fuori. Come negli zombie movie: impossibile ambiguità morale quando i “buoni” sono dentro e i “cattivi” fuori che premono.
Il Credit Come Manifesto Ideologico
Se Gilligan davvero volesse che Pluribus fosse un’opera aperta — come dichiara nelle interviste citando Michael Mann: “racconta solo una bella storia, lascia che il pubblico scopra da sé il tema” [6] — perché aggiungere quel credit?
“Questa serie è stata realizzata da esseri umani” non è un dettaglio tecnico tipo “No animals were harmed”. È un cartello morale. È Gilligan che dice: “Guardate, io sto dalla parte giusta della barricata culturale.”
Il timing è rivelatore. Gilligan dice di aver scritto la serie “8-10 anni fa”, ma quel credit è stato aggiunto adesso, nel 2025, quando il panico sull’intelligenza artificiale è al massimo. Non è un elemento originale della concezione — è un innesto opportunistico per cavalcare il momento.
Se avesse avuto il coraggio delle proprie convinzioni, avrebbe dovuto scegliere: o riscrivere la serie per renderla esplicitamente una metafora sull’IA, oppure evitare ogni riferimento e lasciare che l’opera parlasse da sola. Invece fa la cosa peggiore: mantiene l’ambiguità narrativa ma aggiunge segnaletica morale esplicita nei titoli di coda.
Gordon Smith, sceneggiatore della serie, può dire quanto vuole che “è meno ricco dire ‘questa è una serie su X’”, ma poi Gilligan stesso mette letteralmente un cartello che dice “riempite il vuoto = IA”. È contraddizione pura.
Il vero paradosso? Quel credit indebolisce qualsiasi critica sofisticata all’IA che la serie potrebbe contenere. Perché invece di costringere lo spettatore a pensare (“in che modo il collettivo mi ricorda dinamiche contemporanee?”), gli fornisce una risposta preconfezionata. È esattamente il tipo di conformismo cognitivo che Gilligan dice di criticare.
Quando l’Imperfezione È Autenticità
Ecco il punto. Matrix Reloaded e Revolutions hanno Rotten Tomatoes medi (74% e 33%) [7], sequenze che si trascinano, filosofia pesante. Sono oggettivamente più difettosi di Pluribus come prodotti televisivi.
Ma avevano pluralismo narrativo autentico:
- Smith che aveva ragione sull’umanità-virus
- Cypher filosoficamente legittimo (ignoranza = felicità)
- Le macchine non male puro (offerta di pace respinta dagli umani)
- Finale con coesistenza, non vittoria trionfale
Pluribus ha invece:
- Carol antipatica ma protetta dalla narrazione
- POV unico che forza empatia strutturale
- Collettivo sempre inquietante, mai convincente
- Assenza di voce antagonista credibile
- Credit che ti dice cosa pensare
I Wachowski nel 2003 facevano blockbuster con milioni di dollari e ti lasciavano libero di decidere se Cypher aveva ragione. Gilligan nel 2025 fa prestige TV raffinata e ti mette un cartello che dice “stiamo con gli umani, non con l’IA-collettivo-conformismo”.
L’ironia è feroce: Matrix — film d’azione con filosofia seria nascosta — risulta più intellettualmente onesto di Pluribus — prestige TV con filosofia dichiarata.
La Nostalgia dei Sequel Mediocri
C’è una lezione qui, e riguarda il nostro momento culturale.
Siamo in un’epoca dove ogni metafora di conformismo viene immediatamente letta come “anti-IA” indipendentemente dalle intenzioni autoriali. Gilligan poteva resistere a questa pressione interpretativa — lasciare che Pluribus parlasse da sola, rischiare l’ambiguità.
Invece ha ceduto. Ha aggiunto quel credit, ha fatto interviste dove dichiara “Odio l’IA” e la definisce “la macchina del plagio più costosa ed energivora del mondo”. Ha trasformato la serie da opera d’arte a branded content ideologico.
Non stai più guardando una storia sulla natura dell’individualità. Stai guardando “quella serie anti-IA fatta dal tizio di Breaking Bad che odia l’IA”.
Forse dovremmo rivalutare i sequel imperfetti che hanno il coraggio di non dirti cosa pensare, contro le serie prestigiose che ti danno la morale pronta nei titoli di coda.
Matrix 2 e 3 erano “bruttini” nel 2003. Ma almeno erano onesti. E nel 2025, con Pluribus che mette cartelli didascalici per paura che qualcuno non capisca il messaggio, quella rozzezza filosofica dei Wachowski sembra quasi nostalgia di un’epoca in cui il cinema ti rispettava abbastanza da lasciarti decidere da solo.
L’onestà intellettuale non ha bisogno di cartelli. Nemmeno quando il prodotto è imperfetto. Forse soprattutto quando è imperfetto.
Riferimenti
[1] Wikipedia, “The Matrix Reloaded” (2003)
→ Perché: Date esatte rilascio — Reloaded 15 maggio 2003, Revolutions 5 novembre 2003, sei mesi di distanza. Fonte primaria filmografia.
[2] Wikipedia, “The Matrix Revolutions” (2003)
→ Perché: Dati critici verificabili — 33% Rotten Tomatoes, 47/100 Metacritic. Fonte aggregata recensioni professionali.
[3] SlashFilm, “Why Pluribus Creator Vince Gilligan Included An Anti-AI Message In The End Credits” (11 novembre 2025)
https://www.slashfilm.com/2022695/pluribus-creator-vince-gilligan-credits-anti-ai-message-explained/
→ Perché: Conferma presenza credit “made by humans” e contestualizzazione dichiarazioni Gilligan.
[4] IMDb, “The Matrix (1999) – Hugo Weaving as Agent Smith”
https://www.imdb.com/title/tt0133093/characters/nm0915989
→ Perché: Trascrizione esatta monologo Smith su umani-virus. Fonte verificabile dialoghi originali.
[5] Quotes.net, “Cypher: Ignorance is bliss” – The Matrix
https://www.quotes.net/mquote/60291
→ Perché: Citazione precisa scena bistecca Cypher. Verifica testuale dialogo.
[6] Gizmodo, “‘Pluribus’ Creator Vince Gilligan Is a Loud and Proud AI Hater” (novembre 2025)
https://gizmodo.com/pluribus-may-not-be-about-ai-but-vince-gilligan-hates-it-regardless-2000683400
→ Perché: Riferimento esplicito a consiglio Michael Mann e approccio narrativo Gilligan.
[7] Wikipedia, “The Matrix Reloaded” & “The Matrix Revolutions”
→ Perché: Dati Rotten Tomatoes aggregati (74% Reloaded, 33% Revolutions). Fonte primaria ricezione critica.

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