Umano, AI e l’illusione della purezza
Introduzione – L’errore di prospettiva
Spesso si sente dire: “fammi un’analisi senza AI, così vediamo se vali davvero”. È un’obiezione che ricorda le sfide di un altro tempo: chiedere a un matematico di estrarre a mano la radice quadrata di 31. Un gesto d’abilità, certo, ma oggi fuori dal tempo. La vera questione non è se usare o meno l’AI, ma come farlo senza smarrire il discernimento umano.
1. La tecnica come protesi del pensiero
André Leroi-Gourhan descriveva la tecnica come esteriorizzazione dell’uomo [1]: dal pollice opponibile nasce il bastone, dalla memoria nasce la scrittura. Ogni strumento libera l’umano da una fatica e gli apre un nuovo campo d’azione.
Marshall McLuhan, sulla stessa linea, affermava che “gli strumenti sono estensioni dell’uomo” [2]: ogni medium prolunga un senso o una funzione.
L’AI è l’ultima di queste protesi: una calcolatrice cognitiva che estende la capacità di analisi, non che la sostituisce.
2. Il mito della purezza intellettuale
Martin Heidegger, nella Questione della tecnica, metteva in guardia contro l’illusione di dominarla restando “puri” [3]. La tecnica non è solo uno strumento: è un modo di svelamento che ci plasma tanto quanto noi plasmiamo lei.
L’idea di un pensiero “senza AI” è nostalgia sterile, simile a chi nell’Ottocento temeva la macchina da scrivere perché “uccideva la calligrafia”.
La domanda corretta non è: posso farlo senza?, ma: che cosa divento, usando questo strumento?
(Nota: qui si semplifica la complessa posizione heideggeriana, per concentrarsi sul suo nucleo rilevante per il tema.)
3. Dal codice alla curatela: il nuovo lavoro intellettuale
Usare un modello di AI non significa delegare, ma orchestrare.
- Iterazione: accettare e rifiutare output, correggere allucinazioni.
- Controllo incrociato: confrontare con Google, fonti primarie, bibliografia.
- Giudizio: scartare il ridondante, scegliere ciò che regge architettonicamente.
Il lavoro non è più “scrivere tutto a mano”, ma curare un ecosistema di proposte, riconoscere ciò che ha senso, integrare e validare.
4. L’inefficienza dell’AI e il ruolo dell’umano
Gli output dei modelli sono spesso ridondanti, inefficienti, talvolta addirittura “depressi”: preferiscono soluzioni banali e conservative.
Qui emerge ciò che Gilbert Simondon chiamava la tecnica in tensione [4]: una macchina da sola si chiude nell’automatismo, ma accanto a un umano si apre a una rete di senso.
Il programmatore diventa garante di tre qualità insostituibili:
- Intuizione architetturale (fiutare il design sbagliato).
- Prospettiva temporale (manutenibilità, non solo funzionalità immediata).
- Giudizio estetico (l’eleganza del codice, che è anche forma di verità).
5. La radice di 31 e l’illusione della difficoltà
Pretendere che un’analisi senza AI sia più “valida” equivale a chiedere la radice quadrata a mano. È confondere la difficoltà tecnica con la difficoltà concettuale.
Oggi la difficoltà non è il calcolo manuale, ma il discernimento critico: distinguere il vero dal plausibile, il significativo dal rumoroso.
Conclusione – Pensare con la tecnica, non contro di essa
Il futuro del lavoro intellettuale non è tornare a una mitica purezza “senza strumenti”, ma integrare criticamente gli strumenti stessi.
La vera abilità non è dimostrare di poter lavorare senza AI, ma mostrare di saper lavorare con l’AI senza farsene colonizzare.
Come per il matematico con la calcolatrice: ciò che conta non è l’estrazione manuale delle radici, ma la capacità di concepire nuove teorie.
Riferimenti
[1] A. Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola – Citato nella sezione 1 per introdurre l’idea della tecnica come protesi evolutiva dell’uomo.
[2] M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare – Citato nella sezione 1 per rafforzare la visione della tecnica come estensione dei sensi umani.
[3] M. Heidegger, La questione della tecnica – Citato nella sezione 2 per discutere l’illusione di dominare la tecnica restando “puri”.
[4] G. Simondon, Du mode d’existence des objets techniques – Citato nella sezione 4 per spiegare la “tecnica in tensione” e l’incompletezza della macchina senza l’umano.
Nota metodologica
Questo testo integra riflessione personale, verifiche incrociate su fonti primarie e il supporto di strumenti di AI. Nonostante la cura nel controllo, potrebbero persistere imprecisioni o imperfezioni. L’invito è a considerarlo come punto di partenza per il dialogo critico, non come verità definitiva.

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