Quando il videogame diventa archeologia

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l’arte della lore

Il mistero del significato nascosto

C’è qualcosa di profondamente perverso nel modo in cui FromSoftware ci racconta le storie. Ti danno una spada arrugginita, ti dicono che appartenne a un cavaliere che “cercava la luce nel buio più profondo”, e poi ti lasciano lì, in mezzo a un mondo in rovina, a fare il detective dell’apocalisse. È come se Agatha Christie avesse deciso di scrivere gialli dove l’assassino, la vittima e perfino il crimine vanno ricostruiti da zero, pezzo per pezzo.

Benvenuti nel mondo della lore videoludica – l’arte di raccontare storie non raccontandole.

Cosa diavolo è veramente la lore?

Dimentichiamo per un momento le definizioni da manuale. La lore non è semplicemente “il background di un gioco” o “la storia che sta dietro”. La lore è qualcosa di molto più sofisticato e, francamente, più rispettoso dell’intelligenza del giocatore.

La lore è archeologia narrativa. È l’arte di costruire significati attraverso frammenti, indizi, sussurri. È quello che succede quando uno sviluppatore decide che invece di spiegarti chi è il boss finale, ti fa trovare il suo diario strappato in una cella di prigione, tre capitoli prima, scritto con quello che speri sia inchiostro.

Dal racconto alla ricostruzione

I videogiochi hanno impiegato decenni per capire una cosa che il cinema aveva intuito subito: mostrare è più potente di raccontare. Ma i videogame sono andati oltre: hanno scoperto che far dedurre è più potente ancora di mostrare.

Prendi Dark Souls. La storia “principale” – se così vogliamo chiamarla – ti occupa forse il 10% dell’esperienza narrativa. Il resto? Lo ricostruisci tu, collegando descrizioni di oggetti, architetture impossibili, posizioni dei nemici, dialoghi criptici. È come fare il perito tecnico di una mitologia.

I maestri dell’ambiguità

FromSoftware: gli architetti del non-detto

Hidetaka Miyazaki ha trasformato l’ellissi narrativa in una forma d’arte. In Bloodborne, non ti spiegano cosa siano i Grandi Esseri – te li fanno incontrare, preferibilmente mentre ti stanno squartando. La cosmogonia lovecraftiana emerge dalle meccaniche di gioco: la follia non è un elemento narrativo, è una barra che si riempie.

Team Cherry: la bellezza dell’inferenza

Hollow Knight porta questo concetto all’estremo opposto. Invece della brutale oscurità souls-like, ti offre una melancolia elegiaca. La lore emerge dalla geografia stessa: Dirtmouth che si svuota progressivamente, le stazioni della Tramvia abbandonate, i graffiti nelle Città di Lacrime. Ogni schermata è un documento storico.

ZA/UM: quando la lore sei tu

Disco Elysium compie il miracolo di rendere il protagonista stesso un mistero archeologico. Non ricordi chi sei? Perfetto, ricostruisciti attraverso le tue stesse contraddizioni. La lore non riguarda il mondo – riguarda i frammenti della tua identità sparsi come cocci in una discarica psichica.

Perché funziona (e quando non funziona)

Il piacere della scoperta attiva

La lore ben fatta rispetta il giocatore. Non ti considera un contenitore passivo da riempire di informazioni, ma un investigatore capace. Ti dà strumenti e ti dice: “Ecco i pezzi, ora ricostruisci tu il quadro”. È il motivo per cui i forum di Elden Ring sembrano convegni di medievalisti sotto LSD.

Il rischio dell’oscurità fine a sé stessa

Ma attenzione: la linea tra misterioso e pretenzioso è sottile come una lama giapponese. Quando la lore diventa un esercizio di stile autoreferenziale, quando l’oscurità serve solo a nascondere la mancanza di idee, allora il gioco collassa su sé stesso. Non tutti i misteri sono profondi – alcuni sono solo buchi di sceneggiatura con delusi di grandezza.

L’evoluzione del medium

Dal passive storytelling al collaborative worldbuilding

La lore rappresenta una rivoluzione copernicana nel rapporto tra creatore e fruitore. Il game designer non è più un narratore onnisciente ma un curatore di enigmi. Il giocatore non è più spettatore ma co-archeologo della narrazione.

Questo crea qualcosa di unico: comunità interpretative. I subreddit di Dark Souls non sono fan club – sono laboratori ermeneutici dove migliaia di persone collaborano alla ricostruzione di un mondo che forse nemmeno i suoi creatori capiscono completamente.

Il transmedia e l’espansione dell’ecosistema

La lore moderna non si accontenta più di un singolo gioco. The Witcher, Destiny, League of Legends costruiscono universi che si espandono attraverso libri, serie, cinematiche, fumetti. Ogni medium aggiunge strati semantici, creando palinsesti narrativi di complessità crescente.

Le implicazioni filosofiche (sì, proprio così)

L’epistemologia dell’incertezza

La lore ben costruita mette in discussione il concetto stesso di verità narrativa. In Bloodborne, quello che scopri sulla natura della realtà cambia retroattivamente il significato di tutto quello che hai vissuto prima. È narrativa quantistica: l’atto stesso di osservare modifica l’oggetto osservato.

Death of the Author 2.0

Roland Barthes sosteneva la morte dell’autore nella letteratura. La lore videoludica va oltre: non solo l’autore è morto, ma il lettore è diventato archeologo, detective, e in ultima istanza co-creatore. Quando la community di Dark Souls sviluppa teorie che Miyazaki non aveva mai immaginato, chi detiene la verità interpretativa?

Il futuro dell’archeologia narrativa

La lore non è solo una moda passeggera o una trovata stilistica. È l’evoluzione naturale di un medium che ha finalmente capito le proprie specificità. I videogiochi non devono più scimmiottare cinema e letteratura – hanno trovato il proprio linguaggio.

E questo linguaggio parla di frammenti, di ricostruzione, di collaborazione interpretativa. Parla di un pubblico che non vuole essere imboccato ma sfidato intellettualmente.

La prossima volta che vi trovate a leggere la descrizione di un’armatura arrugginita in un dungeon dimenticato, ricordatevi che non state solo giocando. State facendo archeologia del significato. E quello che trovate, in fondo, dipende da quanto siete bravi a scavare.


Perché in fondo, la migliore lore non è quella che risponde alle domande – è quella che ti insegna a fare le domande giuste.

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