Il Viaggio nella Luna di ChatGPT

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Quando l’AI Scopre il Montaggio

Come l’intelligenza artificiale sta rivivendo l’infanzia magica del cinema, tra trucchi geniali e illusioni che sembrano realtà


Diciamocelo: ogni volta che ChatGPT ci scrive una poesia degna di Montale o risolve un problema di calcolo che ci avrebbe tenuti svegli fino all’alba, proviamo la stessa sensazione di stupore tradito degli spettatori parigini che nel 1902 videro un razzo conficcarsi nell’occhio della Luna. Sappiamo che è un trucco, ma che trucco.

Il parallelo tra i primi dieci anni del cinema (1895-1905) e l’attuale rivoluzione dell’intelligenza artificiale non è solo suggestivo: è inquietantemente preciso. Tanto da farci sospettare che la storia abbia una certa propensione per i remake, magari con budget più alti e effetti speciali migliori.

L’Arte di Vendere l’Impossibile

Quando i fratelli Lumière proiettarono per la prima volta “La Sortie des Usines Lumière” — 46 secondi di operai che escono da una fabbrica — il pubblico rimase incantato davanti a quello che era, essenzialmente, il primo documentario aziendale della storia. Niente trama, niente personaggi, niente di niente. Eppure funzionava, perché aveva quel je ne sais quoi che ancora oggi fa vendere milioni di smartphone per filmare pranzi su Instagram.

Sette anni dopo, Georges Méliès — ex prestigiatore con l’occhio lungo — realizzava “Viaggio nella Luna” con trenta tableau, effetti speciali che farebbero arrossire un film Marvel e una capacità di vendere sogni che neanche i migliori pubblicitari di oggi. Dal documentare la realtà al creare universi paralleli: il salto evolutivo di un’intera civiltà in meno tempo di quanto ci vuole per laurearsi in ingegneria.

Oggi, nel 2017, Google pubblica un paper dal titolo ostico “Attention Is All You Need” — traduzione libera: “L’attenzione è tutto quello che serve”, che suona come un manuale di meditazione trascendentale ma in realtà è il Big Bang dell’AI moderna. Otto anni dopo, abbiamo ChatGPT che scrive sceneggiature, DALL-E che dipinge quadri e Sora che crea film. Dal tradurre testi al reinventare la creatività umana: stesso identico salto evolutivo, solo con meno poesia e più venture capital.

L’Incidente che Cambiò Tutto

La storia più bella dell’epoca pionieristica del cinema è quella di Méliès che scopre il montaggio per caso: la sua cinepresa si inceppa in Place de l’Opéra mentre riprende una carrozza. Quando sviluppa la pellicola, la carrozza è magicamente diventata un carro funebre. Eureka: è nato il linguaggio cinematografico moderno grazie a un guasto meccanico e a un francese con l’intuito giusto.

Anche nell’AI, le capacità emergenti più spettacolari sono arrivate per serendipità. Nessuno aveva programmato GPT per fare poesia, risolvere equazioni o inventare barzellette sui fisici quantistici. Queste abilità sono emerse dalla scala e dai dati, come i trucchi di Méliès emergevano da malfunzionamenti fortunati. La differenza è che oggi l’incidente costa qualche milione di dollari in GPU, ma il principio resta lo stesso: l’arte nasce dal caos controllato.

La Guerra delle Macchine (Belle)

Tra il 1894 e il 1905, l’industria nascente del cinema era una battaglia royale degna di Game of Thrones, ma con meno draghi e più brevetti. Da una parte Edison, con il suo Kinetoscopio che pesava quanto un’auto e permetteva la visione a una persona alla volta — il Netflix dell’epoca, ma senza la comodità. Dall’altra i Lumière, con il loro Cinématographe portatile da 20 chili che proiettava film per un pubblico intero: il primo social media della storia, se vogliamo.

Ogni sei mesi usciva una macchina che rendeva obsoleta la precedente. Il ritmo era frenetico per gli standard dell’epoca: immaginate di dover comprare una nuova carrozza ogni volta che qualcuno inventava un ferro di cavallo migliore.

Oggi la dinamica è identica, solo accelerata: OpenAI rilascia GPT-4, Google risponde con Gemini, Anthropic tira fuori Claude, Meta pubblica Llama, e nel frattempo tutti aggiornano i loro modelli come se fossero app per il meteo. La differenza è che mentre allora ci volevano mesi per copiare una tecnologia, oggi basta un weekend e un paio di PhD frustrati.

Il Prestigiatore e il Programmatore

Méliès era l’uomo perfetto al momento perfetto: prestigiatore professionista con laboratorio di meccanica di precisione. Sapeva come funziona l’illusione e aveva le competenze tecniche per realizzarla. Doveva costruirsi tutto da zero: cinepresa, obiettivi, sviluppatrice. Persino i set se li dipingeva a mano. Era l’equivalente di dover inventare l’elettricità per accendere una lampadina.

I pionieri dell’AI di oggi hanno vita più facile: HuggingFace offre modelli pre-addestrati, le API sono accessibili, la documentazione esiste (più o meno). Ma la filosofia è la stessa: prendere una tecnologia che sembra magica e usarla per creare magie ancora più grandi. La differenza è che Méliès sapeva di fare trucchi; molti sviluppatori AI ancora non hanno capito bene cosa stanno costruendo.

Il Pubblico che Non Sa di Essere al Cinema

Ecco il punto più sottile del confronto: gli spettatori del 1902 sapevano di essere al teatro dell’impossibile. Méliès non nascondeva di essere un illusionista; anzi, ne faceva il suo marchio. Il cinema era esplicitamente finzione, gioco, sospensione volontaria dell’incredulità.

L’AI moderna è più subdola: molti utenti non si rendono conto di stare interagendo con un sistema che simula l’intelligenza senza necessariamente possederla. ChatGPT non ha mai visto un tramonto o provato nostalgia, eppure scrive poesie sui tramonti nostalgici che ci commuovono. È un Méliès involontario che ha convinto il pubblico che i suoi trucchi sono realtà.

I Nickelodeon del Machine Learning

I primi cinema permanenti — i famosi nickelodeon — arrivarono solo dopo “The Great Train Robbery” del 1903. Ci vollero otto anni perché il cinema passasse da curiosità da fiera a intrattenimento di massa. Otto anni per convincere la società che vale la pena costruire edifici dedicati a guardare immagini in movimento.

ChatGPT ha raggiunto 100 milioni di utenti in due mesi. Due mesi. Il tempo che ci vuole per convincere un italiano a cambiare gestore telefonico, l’AI lo ha usato per conquistare il mondo. Questa compressione temporale dovrebbe farci riflettere: stiamo vivendo in fast-forward una trasformazione che un secolo fa richiese una generazione intera.

Il Mago, la Macchina e la Malinconia

La storia di Méliès finì male: nel 1913 dovette dichiarare bancarotta, la Prima Guerra Mondiale trasformò il suo studio in ospedale, l’esercito francese fuse 400 dei suoi film per recuperare argento e celluloide. In preda alla rabbia, Méliès bruciò i film rimasti. Di oltre 500 opere, ne sopravvivono circa 200.

L’AI avrà un destino simile? I modelli attuali diventeranno antiquariato digitale? Tra vent’anni rideremo di GPT-4 come oggi ridiamo dei computer grandi quanto armadi? Oppure stiamo assistendo alla nascita di qualcosa di permanentemente rivoluzionario?

Una cosa è certa: come Méliès trasformò il cinema da documentazione a arte della trasformazione, l’AI sta trasformando la tecnologia da strumento a partner creativo. Con tutti i rischi del caso: i partner creativi, si sa, hanno la pessima abitudine di diventare più bravi di noi.

Epilogo: Il Razzo nell’Occhio dell’AI

L’immagine iconica del “Viaggio nella Luna” — il razzo conficcato nell’occhio della Luna antropomorfa — è diventata simbolo universale dell’immaginazione che supera la realtà. Oggi, ogni volta che un modello AI ci sorprende con una risposta inaspettatamente brillante, stiamo assistendo al nostro razzo nell’occhio.

La differenza è che stavolta non sappiamo se siamo noi a lanciare il razzo o se è il razzo a scegliere dove atterrare. Méliès controllava ogni frame del suo film; noi stiamo ancora capendo chi controlla cosa nella rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Una cosa è sicura: il viaggio è appena iniziato. E come tutte le grandi avventure creative, non sappiamo se finirà con un trionfo o con un incendio nel laboratorio. Ma che spettacolo, nel frattempo.


L’autore ringrazia Georges Méliès, che non può rispondere, e ChatGPT, che probabilmente non dovrebbe.

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