Il dollaro sotto assedio

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Quando l’Asia cerca vie d’uscita dall’egemonia verde

Un fenomeno cruciale nel panorama finanziario globale: l’accelerazione del processo di de-dollarizzazione in Asia. Un movimento silenzioso ma tenace che, mattone dopo mattone, sta ridisegnando l’architettura monetaria mondiale.

La ribellione dei derivati: segnali concreti di cambiamento

Banche e broker stanno registrando una domanda crescente per qualcosa di impensabile fino a pochi anni fa: derivati valutari che aggirano completamente il dollaro. Non stiamo parlando di operazioni marginali, ma di transazioni significative che coinvolgono lo yuan, il dollaro di Hong Kong, il dirham degli Emirati e l’euro.

La Cina, da parte sua, non sta certo a guardare. Come un abile giocatore di scacchi, Pechino sta sfruttando le tensioni commerciali globali per promuovere lo yuan con rinnovato vigore. La Banca Popolare Cinese (PBoC) non si limita a dichiarazioni d’intenti, ma implementa misure concrete, come il rafforzamento della rete di pagamento China UnionPay in Vietnam e Cambogia.

I numeri parlano chiaro: da marzo 2023, la quota dello yuan nei regolamenti transfrontalieri cinesi ha superato il dollaro americano per la prima volta nella storia. A marzo 2024, oltre la metà (52,9%) dei pagamenti cinesi veniva regolata in yuan, mentre il 42,8% era ancora in dollari – comunque il doppio rispetto a cinque anni prima. Un cambiamento epocale, difficile da ignorare.

CIPS vs SWIFT: il duello dei sistemi

Al centro di questa trasformazione silenziosa troviamo il sistema CIPS (Cross-Border Interbank Payment System), lanciato dalla Cina nel 2015. Non chiamatelo “alternativa a SWIFT” – i cinesi preferiscono definirlo un’opzione complementare, ma le intenzioni appaiono piuttosto evidenti.

Nel 2023, questo sistema ha elaborato 6,6 milioni di transazioni per un totale di 123 trilioni di RMB (circa 17 trilioni di dollari), con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Numeri che farebbero impallidire qualsiasi startup fintech, ma che rappresentano ancora una frazione del volume gestito da SWIFT.

È fondamentale comprendere la differenza tecnica tra i due sistemi: mentre SWIFT è essenzialmente una rete di messaggistica che consente alle banche di “parlare” tra loro, CIPS effettivamente compensa e regola le transazioni in renminbi. Una distinzione sottile ma cruciale che rivela la natura complementare ma potenzialmente sostitutiva del sistema cinese.

“SWIFT è privato e utilitaristico. CIPS è guidato dalla politica”, ha osservato un analista di Euromoney. Una sintesi perfetta della differenza filosofica tra i due approcci.

L’effetto Trump: catalizzatore inaspettato

Le tensioni geopolitiche stanno accelerando questo processo più di qualsiasi strategia pianificata. Nel 2025, con la seconda presidenza di Donald Trump, molti paesi hanno iniziato ad allontanarsi dal dollaro come riserva di valuta estera, in coincidenza con politiche economiche americane sempre più imprevedibili.

È quasi ironico: proprio l’amministrazione che prometteva di “Make America Great Again” potrebbe aver accelerato il declino dell’egemonia monetaria americana. Le sanzioni – arma economica prediletta dell’Occidente – si sono rivelate un boomerang, spingendo i sanzionati a cercare vie d’uscita creative.

La Russia è l’esempio più eclatante: quasi tutte le materie prime russe acquistate dalla Cina vengono ora pagate in yuan invece che in dollari. Un cambiamento impensabile prima delle sanzioni occidentali seguite all’invasione dell’Ucraina.

Il yuan digitale: la carta vincente?

L’innovazione tecnologica potrebbe essere il vero asso nella manica di Pechino. La Banca Popolare Cinese sta sviluppando il suo sistema di regolamento transfrontaliero in RMB digitale, con l’ambizione di collegarlo alle dieci nazioni ASEAN e a sei paesi del Medio Oriente. Se realizzato pienamente, questo permetterebbe potenzialmente al 38% del commercio globale di bypassare completamente la rete SWIFT dominata dal dollaro.

I test effettuati mostrano risultati impressionanti: un progetto pilota tra Hong Kong e Abu Dhabi ha visto un pagamento completato in soli sette secondi, con commissioni ridotte del 98%. Durante un’altra prova tra Cina e Indonesia, un pagamento transfrontaliero è stato eseguito in otto secondi – una frazione del tempo richiesto dai metodi tradizionali.

Ma attenzione: il diavolo è nei dettagli. Alcune fonti mettono in discussione questi annunci trionfali, suggerendo che il progetto mBridge (il sistema di pagamento transfrontaliero basato su CBDC) non appartenga esclusivamente alla Cina e che i partecipanti effettivi siano molto meno numerosi di quanto riportato. La propaganda, a quanto pare, non conosce confini valutari.

Le implicazioni per il sistema finanziario globale

Nonostante le possibili esagerazioni, è innegabile che stiamo assistendo a una trasformazione significativa. La Cina è riuscita a regolare circa il 53% delle sue transazioni commerciali e di investimento transfrontaliere in RMB, mentre la quota del dollaro è scesa al 43% dall’83% del 2010.

L’annuncio delle nuove tariffe americane del 2 aprile 2025 (ironicamente chiamato “Giorno della Liberazione” da Trump) ha avuto un effetto immediato: gli investitori hanno iniziato a coprirsi o addirittura a vendere attività statunitensi. Come ha osservato Robin Xing, capo economista per la Cina di Morgan Stanley, questo è stato “il campanello d’allarme” che ha costretto molti a ripensare la propria esposizione al dollaro.

Limiti del processo: non tutto è oro (o yuan) quel che luccica

Nonostante questi progressi, esistono ancora limitazioni significative. CIPS rimane troppo piccolo e sottosviluppato rispetto ai giganti occidentali. È essenzialmente “un veicolo politico dominato da Pechino con lo scopo di globalizzare lo yuan”, con una dipendenza da SWIFT per oltre l’80% delle sue transazioni che ne rappresenta il tallone d’Achille.

La Cina deve inoltre affrontare un paradosso politico apparentemente irrisolvibile: vuole che CIPS sia connesso al mondo ma anche che funzioni come alternativa autonoma. Un equilibrio delicato, reso ancora più complesso dai rigidi controlli sui capitali cinesi che limitano l’attrattività internazionale dello yuan.

È come voler costruire un’autostrada globale ma decidere arbitrariamente chi può utilizzarla e quando – un approccio difficilmente conciliabile con l’ambizione di creare una valuta veramente internazionale.

Implicazioni pratiche: cosa significa per imprese e investitori

Per le aziende e gli investitori, questa evoluzione comporta sia rischi che opportunità. Le multinazionali statunitensi stanno estendendo le loro coperture valutarie a periodi più lunghi per proteggersi dalla volatilità innescata dalle politiche tariffarie di Trump. Un segnale inequivocabile di crescente incertezza.

Gli analisti di Exante Data stimano che un aumento di appena un punto percentuale nei rapporti di copertura degli investitori potrebbe generare vendite di dollari USA per 320 miliardi. Una cifra impressionante che potrebbe avere ripercussioni significative sui mercati valutari globali.

Per le aziende europee e italiane, questo scenario offre l’opportunità di diversificare i propri strumenti di pagamento internazionali, riducendo la dipendenza dal dollaro. Tuttavia, implica anche la necessità di familiarizzare con nuovi sistemi e valute, con i relativi costi di adattamento.

Conclusione: evoluzione, non rivoluzione

La tendenza alla de-dollarizzazione in Asia rappresenta un cambiamento strutturale nel sistema finanziario internazionale. Il dollaro mantiene indubbiamente la sua posizione dominante a livello globale, ma sta gradualmente perdendo terreno a favore di alternative emergenti, principalmente guidate dalla Cina.

Questo processo non è solo una questione tecnica finanziaria, ma riflette più ampie dinamiche geopolitiche: la crescente assertività economica cinese, l’impatto delle sanzioni occidentali sulla Russia, e l’incertezza generata dalle politiche commerciali americane.

Per l’Italia e l’Europa, questa evoluzione rappresenta sia una sfida che un’opportunità. Da un lato, la frammentazione del sistema finanziario globale potrebbe complicare le transazioni internazionali. Dall’altro, la diversificazione delle valute di riserva e dei meccanismi di pagamento potrebbe offrire nuove opzioni strategiche per le relazioni commerciali con l’Asia.

Come disse una volta Henry Kissinger: “Chi controlla il denaro, controlla il mondo”. Se questo è vero, stiamo assistendo non a un cambio di guardia, ma alla nascita di un mondo finanziario più multipolare. Il dollaro non sarà detronizzato domani, ma il suo regno assoluto mostra le prime, inequivocabili crepe.

Riferimenti:

  • Bloomberg. “Global Shift to Bypass the Dollar Is Gaining Momentum in Asia”. (2025)
  • Reuters. “China ramps up global yuan push, seizing on retreating dollar”. (2025)
  • Reuters. “Vast China-Russia resources trade shifts to yuan from dollars in Ukraine fallout”. (2023)
  • Atlantic Council. “The Euro’s share of international transactions is likely smaller than it looks”. (2024)
  • CSIS. “Sanctions, SWIFT, and China’s Cross-Border Interbank Payments System”. (2024)
  • Euromoney. “China’s CIPS trapped in Swift’s shadow”. (2022)
  • Washington Post. “Opinion: As Trump’s trade war continues, the dollar may be caught in the crossfire”. (2025)
  • Asia Society. “Petrodollar to Digital Yuan: China, the Gulf, and the 21st Century Path to De-Dollarization”. (2025)
  • Ledger Insights. “Fake news? China links CBDC payments to 10 ASEAN, 6 Middle eastern countries”. (2025)
  • Carnegie Endowment for International Peace. “What Are the Limits to Russia’s ‘Yuanization’?”. (2024)

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