Capitolo 1: Sangue nell’Arena
Marco Valerio, urbanus delle Cohortes urbanae di Roma, si aggiustò la tunica, osservando il tramonto che tingeva di rosso sangue le pietre ancora fresche del Colosseo Flavio. Era l’anno 79 d.C., e l’Urbe pulsava di vita sotto il regno dell’Imperatore Tito.
“Valerio!” La voce acuta del suo giovane assistente, Tullio, interruppe i suoi pensieri. “C’è stato un omicidio al Circo Massimo!”
Valerio sospirò, passandosi una mano sulla barba ispida. “Che cos’è questa volta, Tullio? Un’altra rissa tra tifosi dopo una corsa di quadrighe?”
“Peggio, signore,” rispose Tullio, ansimando dopo la corsa. “Hanno trovato il corpo di Lucio Aurelio, l’auriga campione. Qualcuno gli ha tagliato la gola.”
L’urbanus aggrottò le sopracciglia. Lucio Aurelio era la stella nascente delle corse, l’idolo delle folle, il volto sui mosaici di tutta la città. La sua morte avrebbe scosso Roma come un terremoto.
“Andiamo,” disse Valerio, incamminandosi a passo svelto. “Mi racconterai i dettagli mentre ci affrettiamo.”
Mentre si muovevano tra la folla nelle strade della Città Eterna, Tullio snocciolava i fatti. Lucio era stato trovato morto nei pressi delle stalle, poco dopo l’ultima corsa della giornata. Accanto al corpo, un pugio insanguinato con l’emblema di una nota taberna di scommesse.
“Scommesse,” mormorò Valerio. “Sempre le maledette scommesse. Nemmeno gli dei riescono a tenere a freno la cupidigia degli uomini.”
Giunti al Circo Massimo, ora un brulicare di torce e curiosi, Valerio si fece strada tra la folla. Il corpo di Lucio giaceva coperto da un telo, ma l’urbanus poteva già immaginare la scena del crimine.
“Chi ha dato l’allarme?” chiese a una guardia pretoriana.
“Una delle Vestali, signore,” rispose. “Flavia, credo si chiami. Era qui per la cerimonia di chiusura delle corse.”
Valerio annuì. Le Vestali, custodi del sacro fuoco di Roma, godevano di un rispetto immenso. Il loro coinvolgimento avrebbe reso il caso ancora più delicato.
“Voglio parlare con questa Flavia,” ordinò. “E fate venire qui il proprietario della taberna di scommesse. Ho il presentimento che questa sia solo la punta dell’iceberg di un caso che scuoterà Roma fino alle sue fondamenta.”
Mentre la notte calava sulla città, Valerio non poteva fare a meno di pensare a come, nonostante il fulgore dell’Impero, alcune cose non cambiassero mai. Potere, denaro, fama… gli stessi motivi che muovevano gli uomini ai tempi della Repubblica continuavano a spingerli al crimine anche ora.
Con un ultimo sguardo alle imponenti strutture del Circo illuminate dalle torce, l’urbanus si preparò a immergersi in un caso che avrebbe messo alla prova non solo le sue abilità investigative, ma anche la sua comprensione della natura umana, immutabile nel corso dei secoli.
Capitolo 2: Il Fuoco e l’Ombra

Il sole non aveva ancora fatto capolino sui sette colli quando Marco Valerio si presentò al Tempio di Vesta. L’edificio circolare si ergeva maestoso nel Foro, custode del sacro fuoco che non doveva mai spegnersi.
“Flavia Lucilla,” annunciò una voce melodiosa. La Vestale apparve sulla soglia, avvolta in una candida palla. I suoi occhi, scuri come il carbone, scrutarono Valerio con sospetto. “Sei qui per l’omicidio dell’auriga, immagino.”
Valerio annuì. “Ho bisogno di sapere cosa hai visto ieri sera al Circo Massimo.”
Flavia lo condusse all’interno del tempio. Il calore del fuoco sacro li avvolse, insieme all’odore di incenso. “Ero lì per la cerimonia di chiusura,” iniziò. “Lucio Aurelio aveva appena vinto la sua terza corsa consecutiva. La folla era in delirio.”
“E poi?” incalzò Valerio.
“Poi…” Flavia esitò. “Ho visto Lucio discutere animatamente con un uomo. Credo fosse Gaio Sertorio, il proprietario della taberna di scommesse più famosa di Roma.”
Valerio aggrottò le sopracciglia. “Sertorio, eh? Interessante. Cos’altro puoi dirmi?”
“Solo che poco dopo, mentre mi dirigevo verso le stalle per benedire i cavalli vincitori, ho trovato il corpo di Lucio.” La voce di Flavia tremò leggermente. “Il sangue… c’era così tanto sangue.”
Mentre usciva dal tempio, Valerio sentì il peso del caso gravargli sulle spalle. Le parole di Flavia rimbombavano nella sua mente. Gaio Sertorio. Il re delle scommesse di Roma. Un uomo potente, con connessioni che arrivavano fino al Senato.
L’urbanus si diresse verso il Foro, dove sapeva di trovare la taberna di Sertorio. Il locale era già affollato nonostante l’ora mattutina. Uomini di ogni ceto sociale si affollavano intorno alle tavole, scommettendo su tutto, dalle corse dei carri alle lotte dei gladiatori.
“Gaio Sertorio,” chiamò Valerio, facendosi largo tra la folla. “Devo farti alcune domande.”
L’uomo dietro il bancone alzò lo sguardo. Era corpulento, con una toga di fine fattura e anelli d’oro a ogni dito. “Ah, le Cohortes urbanae,” sorrise, ma i suoi occhi rimasero freddi. “Cosa posso fare per te, amico mio?”
“Puoi dirmi dove ti trovavi ieri sera, dopo l’ultima corsa al Circo Massimo.”
Il sorriso di Sertorio si allargò. “Ero qui, naturalmente. Chiedilo a chiunque. Questa taberna non funziona da sola, sai?”
Valerio scrutò l’uomo, cercando di cogliere un segno di nervosismo, una crepa nella sua facciata. Ma Sertorio sembrava imperturbabile come una statua di marmo.
“E Lucio Aurelio?” insistette Valerio. “Lo conoscevi bene?”
Per un attimo, un’ombra passò sul volto di Sertorio. “Un grande auriga,” disse infine. “La sua morte è una tragedia per Roma. E per gli affari, ovviamente.”
Mentre usciva dalla taberna, Valerio sentì che qualcosa non quadrava. Le parole di Sertorio suonavano false, come monete di piombo ricoperte d’oro. Ma come dimostrarlo?
Improvvisamente, una mano gli afferrò il braccio. Valerio si voltò di scatto, pronto a difendersi. Ma era solo Tullio, il suo giovane assistente, con il volto pallido e gli occhi spalancati.
“Signore,” ansimò Tullio. “C’è stato un altro omicidio. Al tempio di Vesta.”
Il sangue di Valerio si gelò nelle vene. “Chi?” chiese, temendo già la risposta.
“La Vestale, signore. Flavia Lucilla. L’hanno trovata accanto al fuoco sacro. La sua gola…” Tullio deglutì. “Era come quella di Lucio Aurelio.”
Valerio sentì il mondo girargli intorno. Due omicidi in meno di un giorno. Un campione delle corse e una Vestale. Qualunque fosse la verità dietro questi delitti, era chiaro che scuoteva le fondamenta stesse di Roma.
E lui, Marco Valerio, urbanus delle Cohortes urbanae, si trovava nel bel mezzo di tutto ciò, come un gladiatore nell’arena, circondato da nemici invisibili e mortali.
Capitolo 3: Sussurri nel Senato

Il sole era alto nel cielo quando Marco Valerio varcò la soglia della Curia Julia. Il Senato era in sessione, e l’aria vibrava di tensione. L’urbanus sapeva che i recenti omicidi avevano scosso non solo il popolo, ma anche i potenti di Roma.
“Urbanus Valerio,” una voce profonda lo accolse. Era il senatore Quintus Fabius, un uomo dalla barba brizzolata e dagli occhi acuti come quelli di un’aquila. “Immagino tu sia qui per informarci sui progressi delle indagini.”
Valerio si inchinò leggermente. “Infatti, senatore. La situazione è più complessa di quanto sembri.”
Il senatore lo guidò in una stanza laterale, lontano da orecchie indiscrete. “Parla liberamente, Valerio. Cosa hai scoperto?”
L’urbanus prese un respiro profondo. “L’omicidio dell’auriga Lucio Aurelio sembra legato al mondo delle scommesse. Ma la morte della Vestale Flavia… questo cambia tutto.”
Fabius aggrottò le sopracciglia. “Una Vestale assassinata? Per tutti gli dei, Valerio, questo potrebbe scatenare il panico in città. Dobbiamo risolvere il caso, e in fretta.”
“C’è di più,” continuò Valerio. “Ho ragione di credere che Gaio Sertorio, il proprietario della taberna di scommesse più influente di Roma, sia coinvolto. Ma non ho prove concrete.”
Il senatore si strofinò il mento pensieroso. “Sertorio… un nome che si sente spesso sussurrare in questi corridoi. Ha amici potenti, Valerio. Stai attento.”
Improvvisamente, la porta si aprì di scatto. Era Tullio, il volto pallido e sudato. “Signore,” ansimò, “c’è stata una rivolta al Circo Massimo. La folla chiede giustizia per Lucio Aurelio.”
Valerio maledisse sottovoce. “Devo andare, senatore. La situazione sta sfuggendo di mano.”
Fabius annuì gravemente. “Va’, urbanus. Ma ricorda: Roma ha bisogno di ordine. Trova il colpevole, ma evita lo scandalo. Ci sono forze in gioco più grandi di te, più grandi di tutti noi.”
Mentre Valerio si affrettava fuori dalla Curia, la mente turbinava. Omicidi, scommesse, rivolte… e ora anche intrighi politici. Il caso stava assumendo dimensioni che non avrebbe mai immaginato.
Al Circo Massimo, la scena era caotica. Una folla inferocita si accalcava intorno all’entrata principale, brandendo torce e gridando slogan contro Sertorio e la sua taberna.
“Indietro!” tuonò Valerio, facendosi largo tra la massa di corpi. “In nome dell’Imperatore, fate largo!”
Ma la folla era troppo agitata per ascoltare. Improvvisamente, Valerio notò una figura familiare al centro del tumulto: Gaio Sertorio stesso, circondato da alcuni suoi scagnozzi, cercava disperatamente di sfuggire alla furia popolare.
Con un balzo felino, Valerio si gettò in mezzo alla mischia, afferrando Sertorio per un braccio. “Vieni con me,” gli urlò nell’orecchio. “Ti porto via di qui.”
Mentre trascinavano Sertorio lontano dalla folla infuriata, Valerio sentì l’uomo mormorare: “Urbanus, non capisci. Non sono io il nemico. C’è qualcuno… qualcuno che sta tirando i fili. Qualcuno nel Senato stesso.”
Prima che Valerio potesse chiedere di più, un grido lacerò l’aria. Voltandosi, vide un uomo mascherato che si faceva largo tra la folla, un pugnale che brillava nella luce del sole.
In un istante, Valerio si rese conto che il bersaglio non era Sertorio.
Era lui.
Il pugnale sibilò nell’aria, e l’urbanus sentì un dolore acuto al fianco. Mentre cadeva a terra, l’ultima cosa che vide fu il volto terrorizzato di Sertorio che scompariva tra la folla in fuga.
Poi, solo oscurità.
Capitolo 4: Echi dal Passato

Il dolore fu la prima sensazione che Marco Valerio avvertì al risveglio. La seconda fu il profumo di erbe medicinali che permeava l’aria. Aprendo gli occhi, si ritrovò in una stanza sconosciuta, il corpo fasciato e dolorante.
“Finalmente,” mormorò una voce femminile. “Pensavamo di averti perso, urbanus.”
Valerio mise a fuoco la figura: capelli scuri, occhi verdi, una cicatrice sottile sul mento. Non l’aveva mai vista prima.
“Chi sei?” gracchiò, la gola secca come il deserto libico.
“Livia,” rispose semplicemente la donna. “E questo è tutto ciò che devi sapere per ora.”
Valerio cercò di mettersi seduto, ma una fitta al fianco lo bloccò. “Quanto tempo…”
“Tre giorni,” lo interruppe Livia. “E prima che tu lo chieda: no, non siamo nelle caserme delle Cohortes urbanae. E no, nessuno sa che sei qui.”
L’urbanus sentì un brivido corrergli lungo la schiena. “Perché?”
Livia si avvicinò, gli occhi che brillavano di un’intensità inquietante. “Perché, Marco Valerio, sei morto. O almeno, questo è ciò che crede tutta Roma.”
Le parole colpirono Valerio come un pugno allo stomaco. “Cosa? Ma perché…”
“Perché solo così potevamo proteggerti,” disse una nuova voce. Dalla penombra emerse una figura che Valerio riconobbe immediatamente: il senatore Quintus Fabius.
“Senatore,” sussurrò Valerio, la mente che turbinava di domande. “Non capisco.”
Fabius si sedette al bordo del letto. “C’è molto che non capisci, urbanus. La morte di Lucio Aurelio, l’omicidio della Vestale… sono solo la punta di un iceberg che affonda le sue radici nel passato di Roma stessa.”
Livia si avvicinò, posando una pergamena sul letto. “Questa è stata trovata tra gli effetti personali di Flavia Lucilla, la Vestale assassinata.”
Valerio srotolò la pergamena con mani tremanti. Era un antico frammento, le parole sbiadite ma ancora leggibili:
“Quando la fiamma sacra vacillerà e il sangue dell’auriga tingerà l’arena, il segreto sepolto sotto le fondamenta dell’Urbe riemergerà. Guarda all’ombra del Palatino, dove l’aquila incontra il serpente.“
“Cosa significa?” chiese Valerio, la testa che gli girava.
“Non lo sappiamo,” ammise Fabius. “Ma chiunque abbia ucciso Flavia era alla ricerca di questo. E ora, anche noi lo siamo.”
Livia incrociò le braccia. “Ci sono forze in gioco che vanno oltre la politica, oltre le scommesse, oltre tutto ciò che pensavi di sapere, Valerio. Forze che non esiterebbero a radere al suolo Roma per mantenere sepolto questo segreto.”
Valerio sentì il peso di mille domande premergli sul petto. Chi era veramente Livia? Perché Fabius era coinvolto? E soprattutto, quale oscuro segreto si celava sotto le strade di Roma, un segreto per cui valeva la pena uccidere?
“C’è dell’altro,” aggiunse Fabius, il volto cupo. “Mentre eri incosciente, c’è stato un altro omicidio. Gaio Sertorio è stato trovato morto nella sua taberna, un pugnale identico a quello usato per Lucio e Flavia conficcato nel petto.”
Valerio sentì la testa girare. Ogni nuova informazione sembrava solo aggiungere strati di mistero al caso.
“Riposa ora,” disse Livia, posandogli una mano sulla fronte. “Presto avremo bisogno di te. Roma ha bisogno di te.”
Mentre scivolava nuovamente nell’incoscienza, Valerio si chiese se avrebbe mai compreso la vera portata di ciò in cui si era imbattuto. E se, una volta scoperta la verità, avrebbe desiderato non averla mai conosciuta.
Capitolo 5: Veritas in Tenebris

La luna piena illuminava le antiche pietre del Palatino quando Marco Valerio, ancora dolorante ma determinato, si mosse silenziosamente tra le ombre. Livia lo seguiva da vicino, i suoi passi leggeri come quelli di un felino.
“Sei sicuro di questo, Valerio?” sussurrò Livia. “Potrebbe essere una trappola.”
L’urbanus annuì gravemente. “È l’unico modo per scoprire la verità.”
Avanzarono verso un antico tempio in rovina, quasi completamente nascosto dalla vegetazione. All’ingresso, incisa nella pietra, c’era l’immagine sbiadita di un’aquila che stringeva un serpente tra gli artigli.
“Ecco,” mormorò Valerio, “dove l’aquila incontra il serpente.”
Con cautela, entrarono nel tempio. L’aria era densa, carica di secoli di segreti. Al centro della stanza, illuminato da un raggio di luna, c’era un altare di pietra.
Improvvisamente, una figura emerse dall’oscurità. “Sapevo che saresti venuto, Valerio.”
L’urbanus si irrigidì, riconoscendo la voce. “Senatore Fabius?”
Il vecchio senatore avanzò, il suo volto un misto di tristezza e determinazione. “Mi dispiace che tu sia stato coinvolto in tutto questo, ragazzo mio. Ma ora che sei qui, devi capire.”
“Capire cosa?” chiese Valerio, la mano che istintivamente cercava il pugnale alla cintura.
Fabius sospirò pesantemente. “Il segreto che abbiamo protetto per generazioni. Il vero potere che sostiene Roma.”
Con un gesto fluido, il senatore premette una pietra sull’altare. Un meccanismo scattò, e il pavimento del tempio iniziò a tremare.
“Per gli dei,” sussurrò Livia, mentre una sezione del pavimento si apriva, rivelando una scala che scendeva nelle profondità della terra.
“Quello che stai per vedere,” disse Fabius, “cambierà per sempre la tua percezione di Roma, della storia, di tutto.”
Mentre scendevano le scale, Valerio sentì il cuore battergli forte nel petto. L’aria divenne più fredda, carica di un’energia misteriosa.
Giunsero in una vasta camera sotterranea, illuminata da una luce blu sovrannaturale. Al centro, sospeso in aria, fluttuava un oggetto che Valerio non riusciva a comprendere: sembrava un cristallo, ma si muoveva e pulsava come se fosse vivo.
“Cos’è?” chiese, la voce ridotta a un sussurro reverenziale.
“La fonte del potere di Roma,” rispose Fabius. “Un artefatto lasciato da… visitatori di un altro mondo, secoli fa. Coloro che lo controllano, controllano il destino dell’Impero.”
Valerio sentì la testa girare. “Quindi gli omicidi…”
“Parte di una lotta per il controllo,” confermò Fabius. “Ci sono fazioni, Valerio, che vorrebbero usare questo potere per scopi nefasti. Abbiamo dovuto agire.”
“Noi?” chiese Valerio, voltandosi verso Livia.
La donna sorrise enigmaticamente. “Ci sono molte cose che ancora non sai di me, urbanus.”
Improvvisamente, il suono di passi echeggiò dalla scala. Decine di figure incappucciate iniziarono a riversarsi nella camera.
“Sono qui,” disse Fabius, la voce carica di urgenza. “Valerio, devi fare una scelta. Ora. Unisciti a noi per proteggere Roma, o…”
Le parole del senatore furono interrotte da un grido. Una delle figure incappucciate si lanciò verso il cristallo fluttuante.
In quel momento, la camera fu inondata di una luce accecante. Valerio sentì un’energia immensa fluire attraverso il suo corpo, visioni di passato e futuro che gli vorticavano nella mente.
Poi, il buio.
Quando Valerio riaprì gli occhi, si ritrovò di nuovo all’esterno del tempio. Il sole stava sorgendo su Roma, la città che pensava di conoscere ma che ora gli appariva come un mistero più grande che mai.
Livia e Fabius erano scomparsi. Nella sua mano, un medaglione con il simbolo dell’aquila e del serpente.
Mentre guardava la città che si svegliava, ignara dei segreti che si celavano sotto le sue strade, Marco Valerio sapeva che la sua vera missione era appena iniziata.
Fine della prima stagione.
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Commentario sulla Rappresentazione e Sperimentazione Stilistica
1) Rappresentazione dei Romani con un Comportamento Contemporaneo
Nella nostra rappresentazione narrativa, abbiamo scelto di raffigurare i Romani non solo come figure storiche, ma come personaggi che agiscono e reagiscono in modi che potrebbero sembrare familiari ai lettori moderni. Questa scelta è stata intenzionale e mira a creare un ponte tra il passato e il presente, offrendo un’immagine dei Romani che va oltre il cliché del “lontano e antico.”
Contesto e Motivazione:
Il nostro obiettivo è stato quello di esplorare come le emozioni, le motivazioni e i conflitti che caratterizzavano la vita nell’antica Roma possano risuonare ancora oggi. Abbiamo mostrato i Romani coinvolti in situazioni che, pur appartenendo a un contesto storico, sono del tutto umane e riconoscibili: corruzione, potere, intrighi politici, e tensioni sociali. Questo approccio ha permesso di umanizzare i personaggi, facendoli apparire non solo come figure di un lontano passato, ma come individui che, nonostante la distanza temporale, condividono molto con noi.
Esempio:
- Marco Valerio, l’urbanus protagonista, è un investigatore determinato, le cui azioni e decisioni potrebbero facilmente appartenere a un detective moderno. Il suo senso del dovere, la frustrazione di fronte all’ingiustizia, e persino la sua interazione con gli altri personaggi riflettono un codice morale e un comportamento che riconosceremmo come contemporanei.
2) Sperimentazione Stilistica: Il Mix di Giallo Anni ’50 e Serie TV Contemporanea
L’idea di chiedere all’intelligenza artificiale di creare un mini-romanzo che miscelasse lo stile giallo degli anni ’50 con gli elementi delle serie TV contemporanee è stata un esperimento affascinante che ha dato vita a una narrazione unica. Questo esperimento ha permesso di fondere due stili narrativi apparentemente distanti, creando una trama avvincente con una struttura e una dinamica che rispettano entrambe le tradizioni.
Stile Giallo Anni ’50:
Il giallo degli anni ’50 è noto per la sua atmosfera densa di tensione, l’attenzione ai dettagli, e i personaggi spesso duri, ma moralmente integri. Questo stile è caratterizzato da una narrazione lineare, con un forte focus sull’investigazione e la risoluzione di un mistero, tipicamente legato a un crimine.
- Esempio Dimostrativo: La descrizione dettagliata delle scene del crimine, come quella in cui viene trovato il corpo di Lucio Aurelio, richiama lo stile investigativo classico. Marco Valerio agisce come un detective del noir anni ’50, con un approccio metodico e una moralità rigida che lo guida attraverso la corruzione e il pericolo.
Elementi di Serie TV Contemporanea:
Le serie TV moderne tendono a enfatizzare trame complesse, sviluppo dei personaggi a lungo termine, e colpi di scena drammatici. Inoltre, c’è una maggiore enfasi sui dialoghi serrati, sui conflitti interpersonali e sull’esplorazione di temi più profondi e spesso ambigui.
- Esempio Dimostrativo: L’introduzione di elementi sovrannaturali e complotti segreti, come il misterioso cristallo fluttuante che rappresenta il “vero potere” dietro l’Impero, è un chiaro richiamo alle serie TV contemporanee che giocano con il mistero e il sovrannaturale. La tensione narrativa viene mantenuta attraverso plot twist e un finale aperto che suggerisce la continuazione della storia, un classico cliffhanger tipico delle serie TV moderne.
Conclusione:
In sintesi, questa sperimentazione ha creato un ponte tra due mondi narrativi, riuscendo a rendere la storia sia nostalgica che attuale. Il risultato è un mini-romanzo che non solo rispetta le convenzioni del giallo classico, ma le reinterpreta attraverso una lente moderna, rendendo la trama più accessibile e avvincente per un pubblico contemporaneo. Questa miscela di stili ha permesso di raccontare una storia che è, allo stesso tempo, radicata nel passato e rilevante per il presente.

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